Calici Piangenti e Santi Contrari
L'opera dello Scultore Giacinto Cerone
L’0pera di Giacinto Cerone è destinata per l’ampiezza dei temi indagati, per la grande capacità interpretativa e le clamorose intuizioni legata all’uso di tutti i materiali, a suscitare ampi interessi di studiosi, critici, artisti e collezionisti.
Essendo il suo “fare” in parte controcorrente, l’iter della sua affermazione totale avrà forse un andamento anomalo, con tempi speciali dettati appunto dalla complessità di un così vivo talento.
Giacinto Cerone nasce a Melfi nel 1957 e si trasferisce a Roma giovanissimo seguito dalla sua amata Angela, dove si iscrive all’Istituto delle Belle Arti rimanendovi anche dopo gli studi per perfezionarsi.
Viene a mancare ai suoi cari e a quanti lo conoscevano, prematuramente nel 2004, aveva appena 47 anni.
Una vita straordinaria densa di lavoro, tanto da lascare una traccia profonda nella scultura contemporanea.
Non è semplice una cronistoria delle sue opere perché non era nella sua indole mettere in fila e ordinare le sue cose, essendo egli stesso caotico, elettricamente nevrotico ed istintivo.
Le recensioni dedicategli non hanno solo confermato il suo talento a quanti lo conoscevano già, perché lo intuivano nel suo laboratorio in vico Neve a Melfi, ma lo hanno innalzato e posto con i suoi Calici Piangenti fra i grandi scultori classicheggianti.
Sapere che una mostra personale e retrospettiva voluta e curata da professionisti del settore presso la Galleria d’Arte Contemporanea a Roma lo scorso autunno, comprendente di un centinaio di opere, inorgoglisce e da quella sferzata positiva nell’andare avanti.
Una scultura chiara, vera e sincera nelle forme, materiali, colori, partita dal legno passando dal cemento al gesso per arrivare al marmo e ai tanti altri materiali scovati scelti e lavorati nel suo solito modo e stile, e poi abbandonati da Giacinto come il plexiglas, il moplen, la vetroresina e il polietilene.
La sua scultura era provocatoria e alla ricerca del suo stile, a lungo rimase legato a quel Medio Evo lucano che incontrava spesso nella terra natale, la Basilicata, fra il prestigio dei Bizantini e lo scarno Romanico.
Nell’incontro con la ceramica, ad Abisola nel 1991, egli trovò la sua strada di Scultore, e abbandonando le lucide memorie del passato, entra in una ricerca frenetica di nuove frontiere.
Con la ceramica ostenta l’eccesso così che gli squarci, gli accumuli, i vortici, gli abbracci, i segni, le fiamme, i fiori e i colori clamanti della ceramica, avrebbero trovato figure.
Forme e brandelli di corpi e materia si alternano ai colpi della spatola o della mano, alle ferite agli strappi e lacerazioni inflitte alla materia, in una scala di energia, o forse di furore, come esercitato da chi prevede una fine immatura e prossima, e cerchi con gli eccessi di esorcizzare la morte. Buona notte amico mio.