Il monte Vulture

Per chi dalle aree pianeggianti della Daunia si accinge a raggiungere la Basilicata e Melfi, punto di riferimento inequivocabile è la sagoma conica del monte Vulture primo baluardo naturale di una regione montuosa. 

Millenni di storia, arte e tradizioni si sono succediti all’ombra della sua mole resa ancora più imponente dalla sua posizione isolata rispetto la catena appenninica. 

La sua morfologia rispecchia la regione di cui fa parte, presenta un territorio ad alto valore naturalistico, e si presta ad un turismo culturale, la sua media altitudine offre ricchi itinerari non solo a valenza paesaggistica, ma anche storico e religiosa, archeologico e architettonico, etnico e culturale, binomi che possono avere successo e continuità atti a determinare una svolta che condizionerà positivamente il futuro del territorio e l’intero comparto turistico.    

Conoscere ed apprezzare la flora e la morfologia del mio Vulture, percorrere con occhi diversi le vie dei Boscaioli e dei Briganti che da sempre hanno vissuto quest’area, in un unico itinerario, quale patriarca del vivere luoghi remoti e unici ovunque e comunque si desideri andare. 

Le sue peculiari caratteristiche distolgono la mente dall’assonanza geodinamica nei confronti di altri vulcani come il Vesuvio e l’Etna ma che tormentano ancora oggi le memorie dei residenti, poeti e artisti. 

Da sempre nota per le sue acque minerali, vino e di olio rinomati, l’area del Vulture rappresenta un territorio di particolare interesse naturalistico che racchiude numerosi ecosistemi di ricca componente biotica. 

Il Vulture, in quanto vulcano, si è estinto nell’età pleistocenica, alto 1329 slm. (la mia insegnante di Elementari la professoressa Rosa Catalani amava farci ricordare l’altezza del monte con un aneddoto cioè: “ricordate le date dei Santi Antonio e Nicola, 13 e 29”. 

La sua estensione è di 27 kmq., sulla sua sommità vi sono: un rifugio a rifocillo degli escursionisti appena riqualificato e una grande croce in tralicci di ferro posta su di un basamento di pietra lavica alta complessivamente diciassette metri, voluta da mons. Giuseppe Camassa, Vescovo di Melfi e progettata dall’Ing. Donato Di Muro di Rionero in V. nell’agosto del 1900. 

A dimostrazione della sua posizione e di conseguenza Melfi, che da sempre hanno avuto nello scacchiere bellico, bisogna citare la presenza fino ad alcuni anni fa di una base osservativa Nato. 

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